APICHATPONG WEERASETHAKUL, ASHES: L’IMMAGINE BRUCIA
Tutto ciò che è immerso nella luce non è che la risonanza di ciò che il buio sommerge. Ciò che il buio sommerge continua nell’invisibile ciò che la luce aveva rivelato. da Passion (1982), di Jean-Luc Godard «Appena lasciata la città pulita e ordinata, si finiva in un’accozzaglia di quinte, come in quei piccoli teatri […]
FIRE (POZAR): IL SEGNO DELLA SCRITTURA DI DAVID LYNCH È LA DECOSTRUZIONE DI JACQUES DERRIDA?
Il contrario di ciò che è continuo – per David Lynch – non è il discontinuo, ma l’inatteso. Ed è (ancora una volta) un’inaspettata intuizione, quella di Fire (Pozar), cortometraggio apparso sul canale YouTube del regista nel 2020, ma risalente al 2015. Un’intuizione che (ci) riporta alle origini della sua filmografia, alla pittura, al fuoco, all’ossessione.
UNCLE YANCO: LA “RADICE GALLEGGIANTE” DI AGNÈS VARDA
“Je me suis beaucoup expliqué en parlant des autres”. È così che Agnès Varda si è raccontata: raccontando gli altri. Ritraendo, come se realizzasse un dipinto, i loro volti e i loro sentimenti; servendosi del confronto costante tra cinema, fotografia e pittura.
WHAT DID JACK DO?: L’INQUIETUDINE DELLA DEFORMAZIONE
Quello di David Lynch è un cinema che prende le mosse dal surrealismo – e quindi da Dulac, Buñuel e Dalì – e che si propone, quindi, di indagare esperienze psicologiche inconsce e superare la scissione tra realtà e mondo onirico. Un tipo di cinema che riesce ad esaltare ciò che non è casuale, che emerge di sorpresa, il non-senso: ciò che conta è il “gesto”, il “comportamento”, che deve essere di proposito provocatorio, irritante, folle. L’unica libertà possibile si trova nell’immaginazione e nella potenza creativa del sogno e delle allucinazioni, che possono produrre un’altra realtà, una meravigliosa “surrealtà”. Fuori da ogni controllo della logica e della ragione, affidandosi agli accostamenti assurdi delle cose e provocando stati di ebbrezza e allucinazione, è possibile anche che una scimmia venga sottoposta ad un interrogatorio con un’accusa di omicidio.
NIMIC: DALL’IMMAGINE ALL’IMMAGINARIO, VERSO LA SPERSONALIZZAZIONE DEL SÉ
Undici minuti che condensano una riflessione tanto esistenziale quanto politica sull’uomo, sul suo ruolo all’interno della famiglia – intesa come istituzione – e sulla sua identità tanto fragile quanto sostituibile.
Matt Dillon interpreta un violinista che, in viaggio in metropolitana, si “scambia” con una sconosciuta. È una frase (una delle poche dell’intero corto, basato su una carenza di comunicazione verbale) a muovere le fila del discorso: “Do you have the time?”, tradotta come “Hai il tempo?”, non “Che ora è?”. Che può essere inteso come un tempo per assumere – sostituendo – un’altra identità e per constatare come sia immediata questa nuova acquisizione di status. Perché è semplice dire le stesse cose, ripetere quotidianamente e metodicamente le stesse azioni, condurre lo stesso lavoro. Persino amare le stesse persone. Ed è vero anche – a conferma di quanto appena detto – che quello di Lanthimos si presenta come un Cinema di futuri prossimi, di laboratori sociali, di esperimenti crudeli. Un Cinema che penetra nei personaggi quanto negli spettatori, invadendo ogni spazio privato e scoprendo ogni più recondita paura. Ed è, inoltre, una costante che si presenta spesso nei suoi film quella dell’elemento estraneo che, non solo rompe gli equilibri, ma assolve un compito prestabilito. Questa missione da adempiere riguarda – sempre – una privazione dell’identità, per far sì che i personaggi diventino pedine (o marionette, forse è il termine più adatto) facilmente manovrabili. Tutto questo per soddisfare un unico e sadico scopo: rendere chiara la semplicità di questa manipolazione.
8°GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”
Ultima serata del “Concorto Film Festival” e sei Premi assegnati. Gli otto giorni del Festival sono stati dedicati solo ed unicamente al Cinema; ad ampliare lo sguardo e a “rimettere in moto” delle emozioni, delle sensazioni, delle idee. L’atmosfera intima di Parco Raggio ha permesso di analizzare a fondo ognuna delle tematiche contemporanee dei quarantuno film in concorso.
7°GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”
Settima (e penultima serata) del Festival e ultimi tre film in concorso. Dopo le tre proiezioni un’inedita sonorizzazione del musicista Tommaso Pandolfi (“Furtherset”) del film “Il nostro secolo”, di Artavazd Pelešjan: un incontro tra il cinema del regista armeno e la musica elettronica.
6°GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”
Sesta serata del festival: è quasi tempo di bilanci. Gli altri sei corti proiettati introducono nuovi temi; si discute – silenziosamente – sull’aborto e sulla gravidanza, si esplorano le tradizioni e le usanze dei piccoli centri rurali, si vive un’atmosfera di alienazione e per un attimo sia sta anche “fermi”, concentrati ad analizzare la condizione di staticità.
5°GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”
Sulle note di “Where Do You Go to My Lovely” di Peter Sarstedt – colonna sonora di “Hotel Chevalier”, cortometraggio di Wes Anderson – si chiude la quinta serata del “Concorto Film Festival”. L’aderenza e la coerenza alla forma cinematografica del cortometraggio vengono condivise dal pubblico, dimostrando come il Festival stia riuscendo a sviluppare una cultura del Cinema breve.
4° GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”
Nonostante una programmazione non si costruisca in base ad un (unico) filo conduttore, tra i sette corti proiettati durante la quarta serata del Festival, c’è un particolare legame con il tema del “ricordo”, che assume – attraverso i vari racconti – forme ed accezioni differenti.