ANTIPOP – IL DOCUMENTARIO DI FARINA SU MARCO JACOPO BIANCHI, IN ARTE COSMO

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Disponibile su MUBI, Antipop è il documentario in cui Cosmo racconta la sua storia. Un’ora in cui amici, collaboratori, e Cosmo stesso, ripercorrono il percorso che lo ha portato a un meritato riconoscimento artistico.

Prima di essere Cosmo, Marco Jacopo Bianchi è un figlio, un giovane musicista, un padre e compagno, un sognatore, un amico attento. In questo ordine si snoda la sua storia, raccontata nel documentario di Jacopo Farina, fotografo e già regista di video musicali, in grado di ibridare in modo intelligente uno stile classico – le interviste sul divano, il voice over di Cosmo, una narrazione lineare – a elementi più sperimentali, quale l’utilizzo del repertorio personale come collante tra i vari capitoli della storia.

Il racconto, in apparenza, è molto semplice. Un ragazzo di Ivrea sogna di vivere di musica; ci prova con un paio di gruppi, ma non funziona. Decide allora, passati i 30 anni, di tentare come solista dandosi un’ultima occasione prima di mollare e dedicarsi a un lavoro, e una vita, più ordinari. Il successo arriva, grazie all’alta rotazione de L’Ultima Festa, e tutta l’energia artistica di Cosmo si sprigiona, quasi come se gli anni passati nell’anonimato avessero permesso all’ispirazione di sedimentarsi e fermentare in un calderone di idee mature che ancora oggi determinano i caratteri della sua estetica.

Antipop di Jacopo Farina.

Il collante di tutto ciò è la memoria, espressa qui sotto forma di video, prima casalinghi poi in alta qualità. Se non ci fosse l’archivio, soprattutto quello dei primi anni con un Cosmo giovanissimo insieme ai membri del suo primo gruppo e con la sua compagnia di amici (alcuni poi parte della band che lo accompagna oggi), non esisterebbe Antipop. Crollerebbe infatti la sua struttura, non si legherebbero i capitoli dove si forma la “persona” Cosmo – in particolare quelli sulle figure dei genitori, dei nonni, e i riferimenti culturali della sua adolescenza in periferia – non esisterebbe sostanza visiva all’epica semplice di questa storia di vita.

L’archivio, accompagnato dalla voce di Cosmo, è poi l’elemento che rende umano l’artista. Partecipare a un documentario su se stessi rischia di innescare un’agiografia inutile e spesso non richiesta; ma se le immagini sono usate come testimonianza diretta, e in questo l’archivio è fondamentale, allora la memoria si fa vicina, amica, calda accompagnatrice in un’immersione nell’esistente in cui passato e presente si legano in modo indissolubile. Mentre scorrono gli eventi, non si è più testimoni passivi, ma, complice anche la musica coinvolgente di Bianchi, testimoni e sostenitori silenti del suo percorso umano. Si ride con gli amici, si piange con lui, ci si stupisce delle figure incredibili che sono i nonni e il padre, si solidarizza con i pensieri del fratello sull’alienazione lavorativa.

Antipop di Jacopo Farina.

Antipop è allora la narrazione di un sogno che sa di redenzione, una rivincita sull’età che avanza portandosi via la speranza di sognare. Marco Jacopo Bianchi deve infatti scontrarsi con i tremori della vita: dalla perdita di un amico caro a un amore improbabile, dalla nascita di un figlio ai concerti con poche decine di persone. Molti, impegnati in campo umanistico, si trovano, a un certo punto, a dover fare i conti con le esigenze primarie della realtà, trasformando le pratiche artistiche in hobbie periferici rispetto alle attività principali delle loro vite. È il bivio davanti al quale si trova anche Cosmo, a un’età già avanzata se paragonata a quella canonicamente legata al successo, e prossimo a desistere dal portare avanti il sogno di vivere di musica. È a questo punto che la sua epopea personale si fa esempio: non tanto demordere, in senso banale, ma assumere una posizione laterale, cambiare, accettare nuove prospettive, fare della propria esperienza un’arma per approcciare speranze e aspirazioni in modo diverso, più consapevole e, in questo caso, vincente.

Antipop di Jacopo Farina.