SEZIONE SPIRAGLI – LA GIOVANE ANIMA DEL REFF

Autore:

Condividi su:

Filtra una luce da quello Spiraglio. Spalanca la porta.


Ilaria Fabbrocino, Whiskey the spider

I giovani sono entità incomprese. Non capite, complesse, labirintiche. Sono alieni provenienti da un universo altro, che piombati sulla Terra, si guardano intorno spaesati. Sono curiosi, eppure spaventati. Hanno voglia di vivere. Ma hanno paura. Hanno sogni e speranze. Eppure, anche blocchi ed ansie. Vogliono scoprire, scoprirsi. Sperimentare. Ma chi sono? Nella sezione “Spiragli” del Ribalta Experimental Film Festival di Vignola, si cerca di rispondere a questa domanda attraverso i cortometraggi realizzati dai ragazzi della Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini di Ferrara.


Manuel Cappellacci, Fate

“Duro come sangue rappreso, e morbido come il midollo di un vitello, sono così se non addirittura uguale”. Si perdono sempre, in continuazione. Provano una, nessuna, centomila maschere diverse, mettendole, togliendole, guardandosi allo specchio e provando a riconoscersi in abiti non propri. Rompendo quella superficie che riflette un’immagine che non appartiene. Picchiando un simile, un altro sé, sperando di annientarlo, o trovarne un altro.


Jasmine Simione, Sembianze


Lorenzo Saiani, Volti

Si rifugiano nel buio, dove non possono essere trovati, chiedendosi se qualcosa davvero non vada dentro di loro. Sono per caso matti? Per caso pazzi alla ricerca di qualcosa che non esiste?

Il rifugio è il buio. All’ombra della luna si nascondono ricordi oscuri, ed è un attimo cadere nella tentazione di curiosare, ed essere mangiati dal proprio io.


Lorenzo Minutillo, Nocturn vibrante

Fanno capolino mostri notturni che solo con lo svanire della luce si mostrano e tentano di inghiottirli. Tutti, almeno una volta, si sono persi nella notte… Così buia da non riuscire più a vedere se stessi. Ingranaggi non oliati di una mente che cerca solo il proprio posto nel mondo.


Niccolò Brancato, Il mio nome è Giuliano

Sono davvero abbandonati a se stessi, soli in questo buio bosco? Correndo, rifugiandosi spaventati come in “The Lobster” di Yorgos Lanthimos. Fuori dalle regole di un mondo che li vuole a sua immagine, in cui però non riescono a incastrarsi. Si può forse solo correre, cercando di battere il tempo che ticchetta inesorabile e risucchia in un vortice di totale disorientamento.

L’ansia è un’ombra che insegue, malevola, nient’affatto un’entità benevola delle fiabe dei piccoli, non si è più Peter Pan. Sembra tutto una perdita di tempo, come se fosse solo perso quel tempo che si cerca di investire per provare a capire cosa davvero si vorrebbe da questa esistenza così fugace.


Elia Ceccato, Tolta la sicura

Disorientati, nel buio, si trovano forse altri simili, persi quanto loro. Si provano a costruire alleanze, relazioni, forse sono quelle la speranza.

Ma persino chi si ama può deludere, lasciare nell’odio, soffocare. Si vorrebbe solo urlare tutta la merda che si è affrontata, senza continuare ad affogare, accumulare acqua in una barca ancora troppo piccola per l’oceano che senza pietà inghiotte.


Noemi Fiordimondo, Vivere

Si è solo corpi inermi di fronte a gocce che cadono in continuazione e consumano l’anima. E fa male, sempre più male. Non ci si riconosce. Chi si è? Si è morti, di nuovo?

Si vorrebbe solo essere capiti, anche se non per forza bisogna esserlo. E allora cosa ci si prova a fare? “Non bisogna provare, bisogna farlo e crederci. Forse non ne vale la pena, e non importa. Non devi avere paura di te stesso”.


Nicolò Serri, Chi sogna non dorme 

Forse, a questo punto, solo l’arte può dare rifugio. Probabilmente diventa casa solo l’artista che risiede nei propri cuori. Probabilmente Beuys direbbe: “Come spiegare il mondo a un essere umano.”

Ci si aggrappa con tutte le forze a questa altra realtà, che sta però piano piano diventando astratta, sempre più astratta. L’arte è ormai tutt’altro che reale e razionale: la causa sono le brutture del suo mondo, la natura violenta dell’uomo, la cattiveria e il menefreghismo.

Pascal Montolli, Piacere

Lorenzo Baggiani, Chasse

Ogni opera diventa meno concreta, più sperimentale. Quando ormai i colori, le forme della natura, l’essere umano, hanno tramandato il nulla, si puo’ solo cercare di rendere tutto il suo contrario. Di immergersi nel bianco e nel nero. Di rallentare il tempo, o velocizzarlo. Di creare contrasti, altre dimensioni, altre nature, altri suoni. Inventare qualcosa di completamente nuovo per scappare via da qui. Allontanarsi dal mondo, restare sconosciuti e non avere rimpianti.

Marcello Colombo, Vortigo

Ma i giovani adulti non riescono a non immergere le mani nella tolla dell’esistenza. Ed isolarsi è solo un’altra componente dell’affermarsi. Vivere implica obbligatoriamente anche soffrire. Crediamo di essere giunti alla resa dei conti pur essendo così giovani? Io mollo, lei molla, noi molliamo. Si molla. E va bene così. Si cresce per sbagliare, per imparare, trovare il proprio sentiero di mattoncini gialli. “Nulla cambia finché qualcosa si muove. Se doveste cercarmi, starò correndo da qualche parte”. Perché nulla è mai davvero fermo. Tutto scorre in continuazione, come noi stessi.

Jacopo Gioacchini, Io mollo

Alla fine, si possono ringraziare solo i morti che hanno dato vita a questo viaggio, perché senza di loro l’oggi non esisterebbe, non ci sarebbero le domande, e le seguenti risposte. L’amore, il cambiamento, l’evoluzione. Senza di loro non ci sarebbero origini, legami. Noi stessi. Forse si pensa a loro come beati ormai, lontani dal masso che invece i vivi hanno ogni giorno su di loro. Li si saluta, pershendetje, e si costruisce una nuova realtà. Sempre più a misura di chi si è. Cercando nuove case, nuove dimensioni, nuove terre. L’uomo torna sempre all’uomo, forse poi rimpiangendo il fuoco materno, riabbracciando la vecchia casa come una cara amica, per poi abbandonarla nuovamente, consapevoli che ormai appartiene a un antico passato, impolverato e raccolto in un album, conservato in soffitta. Un capitolo chiuso di una vita investita ormai di luce ogni giorno che passa.

Tommaso Calestani, Waste

Vlera Tahiri, Pershendetje

Beatrice Conte, La corsa di primavera