UNO SGUARDO AL REFF – LA FORZA DELLA SPERIMENTAZIONE

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Politica, introspezione e somatizzazione del dolore. Sono gli argomenti principali di Ribalta Experimental Film Festival, rassegna coraggiosa perché testimone di un cinema militante nelle forme e nei contenuti. Alcuni titoli per comprendere cosa è Ribalta Experimental Film Festival e dove guarda la sua programmazione.

Film Negativo/Positivo, Federica Foglia.

Nella tradizione del cinema surrealista nato dallo sguardo di Maya Deren, Federica Foglia pensa Negativo/Positivo, corto in cui filmati in 16 mm di cinema erotico degli anni ’20, ’40 e ’70 si alternano a immagini di stampo naturalistico, materiale organico ed emulsioni gelatinose in un percorso di metamorfosi. Non una metamorfosi alla Ovidio, e quindi un processo evolutivo che lega corpo a spirito, ma un cambiamento segnato dalla ricerca formale espressa in effetti visivi applicati sopra al filmato d’epoca, in un montaggio militante e politico. Le figure femminili vengono infatti proposte slegate dalla presenza dei co-protagonisti maschili in una eliminazione completa, e legittima, del maschio.

In questo modo Foglia propone un commento sulla rappresentazione femminile e sul male gaze nel cinema e nella società, usando l’archivio come arma di rivolta contro le prevaricazioni culturali verso le donne e lo sguardo a loro riservato.

La metafora dell’autodeterminazione femminile viene qui rappresentata dallo sbocciare della donna in concomitanza con la nascita di piante e insetti, in un ritorno al diritto naturale di esistere e rappresentarsi come meglio si crede, senza dover sottostare al preconcetto patriarcale dominante.

Ibridazione, tra artificio e unione di mondi espressivi, sta alla base delle scelte di molti dei prodotti proposti quest’anno. La Fornace, corto di Daniele Ciprì che verrà proiettato domenica 17, ne è testimonianza. Un mondo grottesco, post apocalittico, immerso tra le luci e le ombre di umide caverne in cui Marcello, burattinaio siciliano, crea i suoi personaggi tra citazioni religiose in dialetto, reminiscenze del Cristo siculo della Salomè di Carmelo Bene, e riferimenti agli archetipi, in particolare la figura di Bradamante, cara alla letteratura cavalleresca, genere metafora dei dissidi insormontabili dell’anima. Non può che apparire sul finale la figura del cavaliere, eterno folle destinato alla pazzia più radicale che, in preda ai deliri, inneggia e impreca davanti al marasma di altri cavalieri in miniatura, il mondo esterno, intenti a girare in cerchio in un vortice infinito.

La fornace, Daniele Ciprì.

Ribalta Experimental Film Festival riflette anche sul valore del tempo, in due dimensioni. La prima, come il tempo fisico determini cambiamenti organici nella natura e nelle persone; la seconda, il tempo dell’intreccio e dell’inquadratura.

Un cinema lineare, canonico, e per alcuni versi conformato, porta inevitabilmente ad assumere linguaggi visivi ripetitivi. Non è quello che succede in The deers di Emiliano Grassi, dove tali concetti di gestione dello spazio-tempo scenico traspaiono dalle immagini d’archivio delle esercitazioni militari durante la dittatura paraguaiana. Risiede qui perciò la forza del cinema, delle immagini declinate in una militanza artistica dentro la quale la manipolazione del materiale filmico è strumento cosciente di collegamento, civile e politico, tra il passato, le immagini d’archivio, e il presente, le scene ambientate ai giorni nostri in cui scorrono proiettate sul muro quelle immagini divenute ormai memoria storica.

The deers, Emiliano Grassi.

Il linguaggio sperimentale passa anche per l’analisi psicologica dei demoni in ognuno di noi. La dimensione animalesca di the lucid dream of the last poets di Eleonora Manca, unita a un utilizzo distorsivo della dimensione sonora, caratterizzano un cinema di chiara ispirazione Lynchiana, ma declinato in una simbologia araldica in cui il grottesco delle maschere lascia spazio, tra danze macabre, alla faccia umana. Infatti, sebbene gli uccelli neri siano diventati nel tempo simbolo di presagio nefasto (colpa di Hitchcock?), nella simbologia araldica l’uccello è anche rinascita. Come è rinascita l’atto di togliersi la maschera. La chiave di questo smascheramento identitario sta nel sonoro, con gli estratti della voce di Jung on Film del 1957, documento testimone dell’esperienza lavorativa e intellettuale dello psicanalista con Sigmund Freud.

Quale modo di riflettere sul suono se non rappresentandone la mancanza. È la questione alla base di Noise di Luana Giardino, in cui la regista partecipa alle iniziative del Comitato Salviamo il Magnodeno. Il Magnodeno è un monte delle Prealpi Orobiche nel bergamasco, vittima di un processo indiscriminato di escavazione. All’esperienza del Comitato si unisce quella di Laboratorio Silenzio, gruppo teatrale di persone sorde e udenti, protagonista di una performance consistente in una camminata per questi luoghi interrogando il diritto dei paesaggi di esistere e resistere. Sono tante le realtà che, passando per la pratica artistica, difendono il territorio promuovendo stili di vita rispettosi (un altro da scoprire è Alpinismo Molotov). Come dice la regista, esaltando la dimensione silenziosa dell’iniziativa, “Il silenzio assoluto non esiste, perché è sempre riempito da qualcos’altro. In questo caso, di corpi che lo abitano.”

Per arrivare infine al tema cardine di molte delle rappresentazioni già affrontate, e di quelle non citate ma ugualmente meritevoli, il dolore. Spesso la dimensione dolorosa è artefatta, nel senso che deriva dalla costruzione che fatti e ricordi assumono nella nostra testa. Grazie all’utilizzo di animazione, live action e la fotogrammetria, tecnica che intercetta i dati metrici di un oggetto, il belga Brecht De Cock somatizza il dolore per la malattia del padre in artifacts of you, artifacts of me. Una riflessione onirica sul dolore fisico e sui suoi effetti sulla dimensione psicologica degli affetti.

Artifacts of you, artifacts of me, Brecht De Cock.

Il coraggio è allora il tratto fondamentale di un festival come questo, dotato di un’invidiabile necessità espressiva legata alle forme cinematografiche più audaci. In un mondo di ripetizioni, l’abnegazione alla sperimentazione diventa così atto di ribellione e dissenso. Un atto da preservare.

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