MEMORIA BREVE VOLUME DICIASETTE: PICCOLE DONNE

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Il 20 luglio arriva nelle sale Barbie di Greta Gerwig. È l’occasione per rivedere il precedente Piccole donne. Credo si faccia torto a Greta Gerwig per prima nel sottolineare che la sua versione di Piccole donne affronti il tema dell’affermazione femminile. Lo credo perché sono il romanzo stesso e la vita di Louisa May Alcott ad averlo come centro nevralgico. Ragion per cui il tema è presente anche nelle versioni dirette da George Cukor e Mervyn LeRoy e, ovviamente, in quella diretta da Gillian Armstrong (la Gerwig non è la prima donna a curarne la trasposizione) in cui c’era l’intuizione di intrecciare al plot particolari della vita dell’autrice.

Non ho mai nascosto di ritenere Lady Bird sopravvalutato e per me Piccole donne rappresenta un passo avanti, ma per motivi diversi da quelli che si leggono. La voglia di indipendenza di Jo March non è certo un’invenzione della Gerwig e, francamente, l’incipit, la reprimenda di Amy a Laurie appaiono come episodi narrativi piuttosto didascalici, quasi delle concessioni al trend. Mentre ci sono scelte di regia decisamente più personali, che lasciano trasparire un’idea di messinscena meno anodina del debutto: la sincronia preferita alla diacronia, per esempio, che mette in relazione due testi (Piccole donne e Piccole donne crescono), due tempi narrativi, raccordandoli ed esaltando le differenze (Jo scende due volte in cucina dopo la malattia di Beth, ma una volta la trova guarita, l’altra no). O i tanti sguardi alla finestra di Jo che guarda le sorelle, la vita e quindi, anche se non lo sa, la sua storia e la sua creatura letteraria (e alla fine i lettori oltre la vetrina). La precisa volontà di non puntare sui picchi mélo (Amy che brucia il manoscritto di Jo e l’incidente sul ghiaccio, la morte di Beth) e, last but not least, l’epilogo in cui si intrecciano testo e paratesto, happy end e mercato.

Piccole donne di Greta Gerwig è un buon film e farne un manifesto (quando in fondo lo è sempre stato) rischia di ridimensionarne la portata.