RIBALTA EXPERIMENTAL FILM FESTIVAL: INTERVISTA AI “RIBALTATI” PER LA IV EDIZIONE

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Esiste un piacere sotterraneo e che alle volte ci si vergogna un po’ ad ammettere: la piacevole sensazione di percepire un disequilibrio. Succede a volte di sentire delle vertigini, un senso di vuoto sotto di sé; un semplice solletichio sommesso sottopelle oppure un intenso rivolgimento generato da qualcosa che interviene nella nostra realtà e la capovolge.

Quando ciò accade ad un giovane festival cinematografico come il Ribalta Experimental Film Festival – che si svolge in marzo (e non solo) tra Vignola e Savignano sul Panaro, in provincia di Modena – è necessario portare la notizia alla ribalta, così come i curatori intendono fare con il cinema sperimentale. È stata ufficialmente aperta, infatti, la call (qui il link) per la quarta edizione del festival, che richiama l’attenzione di artisti visuali, registi e film/video-makers, anche oltre i confini nazionali. Il cinema che anima questo festival si caratterizza come una produzione espansa, sia dal punto di vista tecnico-tecnologico, dalla pellicola, al video fino al digitale, sia da quello puramente formale: una galleria di prodotti audiovisivi non omologati, etichettati o categorizzati, ma al contrario animati dall’ibridazione dei linguaggi. L’Associazione Ribalta si occupa da anni di iniziative culturali, di musica, teatro, editoria, e il festival cinematografico rappresenta un’espansione doverosa di una così fervida attività. Tra laboratori con le scuole e rassegne anche fuori dai confini temporali del concorso, la provincia di Modena e non solo scopre immagini che stanno dando forma alla cultura visuale attuale, tra libertà linguistica, ricerca di nuovi sguardi e attenzione a ciò che, appunto, ribalta e capovolge le coordinate prestabilite.

Si può dire che il direttore artistico Giovanni Sabattini e il comitato di selezione, composto da Alessandro Corrao, Angela D’Addio, Davide De Marco, Riccardo Ferracci, Yamila Klein, Lorenzo Meloni, Edoardo Parasporo, insieme a coloro che curano la nuova sezione del Ribalta Animata, Stefano Berogna, Antonella Bussoli, Gianni Viterale e ovviamente il suo curatore Roberto Paganelli, siano militanti con una missione: essi intendono ribaltare i nostri punti di vista come se, una volta arrivati in cima alla famosa scala a chiocciola di Palazzo Barozzi a Vignola, la quale già di per sé sfida le leggi della fisica, si volgesse lo sguardo verso il basso, ricalcando quella hitchcockiana vertigine in plongée che tanto ha minato e mina il nostro senso dell’equilibrio. Attraverso un programma (festival e concorso) che incarna uno sguardo ampio, contemporaneo, attuale e vivo, la produzione audiovisiva contemporanea, senza limiti stilistici o formali, trova un locus amoenus nel quale potersi esprimere.

Personale dedicata a Daniele Cabri, seconda edizione, Sala dei Contrari, Rocca di Vignola.

Riportiamo di seguito una lunga intervista concessaci dal direttore Giovanni Sabattini e da alcuni suoi collaboratori che si sono messi a completa disposizione per far conoscere meglio il loro lavoro, la struttura del festival, le novità della quarta edizione rispetto alle edizioni passate e persino alcune interessanti riflessioni, anche personali, su cosa significhi studiare e programmare cinema sperimentale oggi, provenendo da studi filosofici. 

Come raccontereste il festival a chi non ha ancora partecipato? 

Gianni Viterale (presidente del Circolo Ribalta): 

«non sono un vuoto a perdere / né uno sporco impossibile / né un marchio registrato / né un prodotto di mercato / non sono un punto fermo / né una realtà di base / né un dato di fatto /né un dato per perso..»

Devo ammettere che parlare di Ribalta nasconde sempre un pò di imbarazzo perchè alla fine è come parlare di sé stessi che Ribalta lo si è fatto in questi anni dal 2010, mettendoci corpo e anima, grazie ad un importante gruppo di volontari che hanno condiviso e che stanno condividendo questo personale viaggio, sicuramente, artistico ma che, alla fine, si è rivelato come un’esperienza umana potentissima. Perciò, imbarazzo per imbarazzo, utilizzo le parole dei già molto citati, celebrati e indimenticati CCCP-Fedeli alla linea e di questa canzone che si intitola (non)Sono come tu mi vuoi. Ho rubato una strofa che dice molto del debito che Ribalta ha nei confronti dei CCP e di tutta una scena culturale di fine anni 70-80 senza la quale, probabilmente, Ribalta non sarebbe quello che è: un atto di riconoscenza e gratitudine e, in quel solco, di grazia (ricevuta). Abbiamo cercato di percorrere il sentiero più difficile, senza facili scorciatoie o ammiccamenti commerciali. Da indipendenti e da eterni principianti. Uscire dal vuoto pneumatico culturale, etico, sociale privilegiando un approccio (gentile, educato, poco incline all’agonismo e al protagonismo), sicuramente, alternativo alle logiche di mercato e, allo stesso tempo, una critica a questa società dei consumi. Forse una forma di terapia, di esorcismo o semplicemente una personale ricerca di ciò che per noi è la bellezza: musica, teatro, libri, cinema…tutto ciò che è Arte, in tutte le sue forme ed espressioni all’insegna dell’autoproduzione.

Permettimi due cenni “storici”, due: Ribalta nasce durante la “grande recessione” del 2008 e ha compiuto dieci anni durante la “grande pandemia”. Insomma direi un ottimo Karma, no? Nel 2020 abbiamo realizzato (tra distanziamento sociale, coprifuoco e altri deliri), un libro e un cd – titolo DIECI –  un’opera enorme e bella dove sono racchiuse le canzoni, le foto e i racconti più significativi di due piani quinquennali con musicisti, artisti, anzitutto PERSONE che hanno condiviso con noi questo sogno. Sempre nel 2020 è nato anche il Ribalta Experimental Film Festival, grazie al nostro Giovanni Sabattini (vorrei dire il nostro “direttore artistico” ma non so come la prenderebbe Battiato da lassù), che rappresenta appieno ciò che è Ribalta oggi, nell’indagare questo mondo e ciò che ci circonda mettendo da parte stereotipi, ipocrisie e conformismi insopportabili. Mi verrebbe da dire: le Arti visive ESTREME di Ribalta. Anche qui nessuna strada preferenziale, solo semplicemente ribaltare gli sguardi….questo è quello che possiamo fare oggi.

Circolo Ribalta, seconda edizione pre-festival, lectio di Michele Sambin sulla sua opera.

Giovanni Sabattini: Con grandissima riconoscenza a Gianni, a tutti gli amici ribaltati che da più di dieci anni sono diventati per me una seconda famiglia, mi piace pensare che il Festival sia come le lapidi delle tombe dei vecchi monasteri, su cui è irreparabilmente stato cancellato dall’opera impietosa, quanto “salvifica”, del tempo il nome del monaco, morto in Cristo. Il Festival è fatto di “servi inutili” – e come sanno i più fini teologi, l’accento dell’espressione biblica deve cadere su inutili – al servizio di immagini altrui. Il REFF, come l’abbiamo pensato e curato in questi anni e come da tradizione per il Ribalta – il circolo che organizza il Festival e da più di dieci anni porta a Vignola una cultura altra, underground, felicemente intransigente -, è servizio invisibile per gli artisti, per i film, per il pubblico – non giriamoci attorno, ahimé, esiguo – che sono e resteranno sempre i protagonisti del Festival. Il mio nome, il nostro nome, è come il nome sbiadito sulle tombe dei monaci, del tutto irrilevante. Quello che conta sono i film che si vedono in sala, gli incontri con gli artisti, gli incontri fra gli artisti: se vuoi, sperando di non peccare – almeno non troppo – di hybris, questa è la nostra “morte in Cristo”.

Qual è la struttura della programmazione e delle sezioni? 

Davide De Marco (membro del comitato di selezione del Festival): il programma è suddiviso in quattro giorni, dal giovedì alla domenica, con eventi serali i primi due giorni e una programmazione fitta dalla mattina alla sera nei restanti due. Di solito dividiamo i film in blocchi tematici, proiettando insieme le opere che, a nostro avviso, sono legate da un fil rouge ed ogni sezione viene presentata da uno dei nostri collaboratori. Durante le serate, di solito, coniughiamo le proiezioni con concerti o altri eventi speciali. Abbiamo due sezioni competitive: quella principale e Limina…

G. Sabattini: esatto, la differenza fra le due sezioni competitive è presto detta. Il concorso principale è dedicato alla sperimentazione audiovisiva contemporanea – uso volutamente questa espressione, forse un po anomala, ma credo capace di svincolarsi dalle secche definitorie e troppo stringenti delle espressioni già consolidate, per indicare un terreno, quello della ricerca audiovisiva contemporanea, più largo di ciò che siamo soliti chiamare cinema di ricerca o, in altri ambiti, videoarte. Limina invece è una sezione, come recita il nome, sul limine fra la sperimentazione, strutture drammaturgiche – più o meno classiche, più o meno destrutturate – e un’idea di set e di mise en scène ancora forte rispetto alla radicalità disgregante della maggioranza dei film di ricerca. Infine, particolarità non indifferente di Limina è la sua giuria: un gruppo di studenti dell’Istituto Paradisi di Vignola, dove dalla seconda edizione con REFF Academy – quest’anno anche grazie ad un bando ministeriale vinto dall’Istituto – abbiamo portato il cinema di ricerca e, ovviamente, un po’ di sano turbamento nelle giovani menti che frequentavano quelle aule.

Still da Plastic Sonata di Nelson Yeo, vincitore della sezione Limina 2023.

Puoi parlarci meglio di REFF Academy?

G. Sabattini: Credo sia una delle pagine più belle e ricche di soddisfazioni del REFF. La possibilità di mettere un po’ in disordine le testoline di giovani ragazzi e ragazze, proponendo immagini turbolente, inquiete e disarmanti come quelle di Gioli, Tambellini, Brakhage. Farli incontrare con critici, studiosi – Locatelli, Cattaneo – e grandi artisti – Sambin, Santini, Insana, Pezone, Pellacani – che si occupano di cinema di ricerca. Da cinephile, mi sarei sciolto come il gelato al cioccolato sotto la canicola di agosto, solo al pensiero. In più Roberto Paganelli, dell’associazione OTTOmani – amico carissimo, assiduo frequentatore degli appuntamenti del Circolo nonché, dalla sua nascita alla seconda edizione del Festival, curatore di Ribalta Animata sezione del Festival dedicata all’animazione d’autore – conduce, con impareggiabile maestria, per REFF Academy, un laboratorio di cinema d’animazione che in questi ultimi due anni ha prodotto, fra Vignola (Istituto A. Paradisi) e Modena (Liceo C. Sigonio) le sigle di apertura e di chiusura delle proiezioni del Festival. Si intitolano Experimental, quello della seconda edizione, Prodigi e Notte, quelli della terza. Sono bellissime; le potete trovare su YouTube sulla pagina di OTTOmani. Ultima ma non meno importante e preziosa, fra le belle collaborazioni scolastiche, va assolutamente citata quella con il Venturi – liceo artistico di Modena – che, per la terza edizione, ha visto al lavoro le classi quinte di grafica dell’Istituto per la creazione del manifesto – a vincere è stata la proposta di Raffaele Argnani, ma naturalmente il ringraziamento va a tutti gli studenti e le studentesse che si sono messi in gioco. Su entrambi i fronti – Vignola e Modena – contiamo di continuare questa piccola follia, quella di portare il cinema di ricerca nelle scuole, con resistenza e ancora più determinazione. 

Come avviene la ricerca, quali sono i criteri che tu e i tuoi collaboratori utilizzate per scegliere le opere?

G. Sabattini: La risposta più semplice ed immediata sarebbe senza nessun criterio. Almeno nessun criterio già dato. D’altra parte, però, sarebbe troppo pensare che sia una ricerca scriteriata. Se di “criterio” vogliamo parlare, senza ridurre il processo ad intuito e divinazione, l’unico davvero che conti, forse, è la sorpresa. Un’esperienza, letteralmente, inattesa ed imprevedibile che giochi liberamente con le reguale del cinema, o le trascenda per scriverne di inedite. Mi verrebbe da dire che si tratta di una ricerca, quasi, antropologica: una sorta di “osservazione partecipante” che, possibilmente, vada oltre le oggettivazioni e le semplificazioni del “gusto” – anche critico – che, indubbiamente, presuppone già un’idea di cinema. Ecco, mettiamola così, la nostra ricerca è una sorta di kenosis dello sguardo: senza imporre nessuna idea di cinema – cercando di svincolarsi dalla logica del già – tentiamo, fenomenologicamente, di farci sorprendere dalla Weltanscauung e dallo sguardo sul cinema dei singoli filmmaker. 

D. De Marco: I film li riceviamo su una piattaforma – FilmFreeway – a cui tutti i selezionatori possono accedere. Ciò che per noi è più importante è la democraticità del processo di selezione. Infatti, attraverso un sistema di suddivisione dei film tra i vari selezionatori, si raggiunge un momento intorno a gennaio in cui tutti hanno visto i film “preferiti” di tutti gli altri ed inizia la vera e propria selezione che conduce ai titoli del programma. Detto ciò i nostri criteri di scelta sono molto personali, nonostante vi sia comunque una certa visione condivisa. Personalmente, credo che un film, se riuscito, debba avere la capacità di esprimere un mondo, cioè che i suoi elementi nel loro mettersi insieme debbano essere in grado di rifrangere come un prisma l’anima dell’artista, proiettando qualcosa di unico e inafferrabile: in poche parole, è necessario che i film abbiano un’anima propria.

Still dal film Skyscraper di Federica Foglia, vincitrice del Premio Golden Arrow nell’edizione 2023.

Molti i nomi di artisti e registi che sono passati e hanno partecipato al festival nelle scorse tre edizioni. Non ti chiedo di schierarti, ma ti va di farci qualche nome di opere e film che ti hanno particolarmente colpito o che reputi importanti per il cinema di ricerca?

Questa, forse, è la domanda più difficile di tutta l’intervista. Perché con molti degli autori che, bontà loro, hanno deciso di passare del tempo con noi a Vignola e Savignano, sono legato profondamente. Sono passati in questi anni artisti del calibro di Michele Sambin – che poi mi ha coinvolto nel montaggio del suo ultimo film, Dentro alle cose -, Igor Imhoff, Salvatore Insana, che per il manifesto della terza edizione ci ha regalato alcuni suoi splendidi scatti, Mauro Santini, a cui devo la mia passione per il cinema di ricerca, scoprii il suo sguardo su Fuori Orario nel 2011 mi pare; la mia prima nottata su Rai 3, Ilaria Pezone, di cui abbiamo ospitato Sirene Wave, quest’anno rassegna itinerante, Alberta Pellacani, Antonello Matarazzo, Michele Bernardi, Beatrice Pucci, Paolo Benvenuti, Jonny Costantino e diversi altri. Anche internazionali, come Karel Doing, che ha presentato al cinema Bristol di Savignano, dove avvengono buona parte delle proiezioni, in anteprima italiana il suo bellissimo In Vivo. Poi diversi i grandi artisti che abbiamo invitato in concorso, da Robert Cahen a Claudio Caldini, da Telemach Wiesinger a Lynne Sachs (a cui abbiamo dedicato a Bologna anche una piccola personale), da Francesca Fini a Giuseppe Boccassini. Non voglio dimenticare nessuno, quindi mi fermo qua. Perché la lista degli artisti straordinari che abbiamo incontrato in questi tre anni, di persona o solo sullo schermo, potrebbe continuare ancora per molto e il ringrazio tutti di cuore, uno a uno. Il REFF, semplicemente, non esisterebbe senza di loro. Come ho già detto noi siamo, semplicemente, i servi inutili delle loro immagini, nulla di più. Gratitudine e riconoscenza sono le parole chiave, come diceva Gianni.

Proiezione di Romantic Eggs di Sun Xiangping, vincitore della Freak Arrow for Best Folly, prima edizione, cinema Bristol.

Il festival ha un’anima espansa, non si limita ai giorni di marzo ma si estende anche in eventi collaterali. A cosa è dovuta questa scelta?

G. Sabattini: Sì, è vero. Ti direi che è capitato, come il Festival. È capitato perché l’amore per immagini irrequiete e brulicanti è incontenibile nei quattro striminziti giorni del Festival “vero e proprio”. La proposta – di qualità – sovrabbondante da ogni dove ci ha imposto, ad un certo punto, di spingerci oltre i quattro giorni del concorso – oramai “di tradizione” a marzo. Cercando di portare questi film altrove nella provincia (Castelvetro, Spilamberto, Modena) e quando invitati, sempre a Modena, a Carpi, fuori provincia a Bologna e fuori regione, nelle Marche, a Fermo. L’umile intenzione è quella di portare il cinema di ricerca ovunque ci sia attenzione per un’esperienza audiovisiva radicale e non compromessa. 

Ci illustrate la nuova sezione dedicata all’animazione?

G. Sabattini: più che di una nuova sezione dovremmo parlare, se Roberto è d’accordo, di nuova veste di una rassegna, fino a quest’anno non competitiva, che dalla quarta edizione, la prossima, diventa un vero e proprio concorso. Per segnare il nuovo corso della sezione dal 2024 Ribalta Animata avrà anche un nuovo nome, o meglio un nome più esteso…

Roberto Paganelli: sì, esatto RIBALTA ANIMATA – SOUND BY Frame – questo il nuovo nome – sarà una sezione competitiva dedicata ai cortometraggi in qualsiasi tecnica di animazione caratterizzati da una certa creatività nell’uso di colonna sonora e immagini, oltre che dalla generazione di significati originali ottenuti proprio grazie al rapporto nuovo e generativo tra suono e immagini animate. Volendo proporre una call per l’iscrizione di film d’animazione per una sezione competitiva, piuttosto che scegliere la via di un concorso dedicato a generici cortometraggi animati, si è preferito scegliere un focus caratterizzante molto più specifico che restituisse una identità forte e particolare alla sezione del Festival. Per noi era inutile proporre un ennesimo concorso dedicato al generico corto animato: abbiamo voluto dare una identità precisa alla nostra ricerca preferendo distinguerci e caratterizzarci grazie ad una “messa a fuoco” più specifica e ad uno sguardo concentrato su una modalità più particolare di fare cinema animato. Inoltre, visto che il Circolo Ribalta, che supporta e ospita il REFF fino dall’origine del Festival, si caratterizza per la proposta di un programma basato su contenuti musicali di ricerca abbiamo pensato che il rapporto tra suono, musica e immagine fosse proprio l’argomento giusto per lo specifico di Ribalta Animata. Insomma, con questa scelta così “specializzata” vogliamo gettare uno sguardo sulla produzione internazionale di corti animati aprendo le porte della selezione a quei lavori che hanno una loro cifra di “sperimentalità” sviluppata proprio grazie alla particolare originalità del rapporto tra suono e immagine. Ci sono categorie di prodotti audiovisivi dal forte carattere visuale e sonoro già ben istituite, come quella del video musicale (videoclip), ma la selezione RIBALTA ANIMATA – SOUND BY FRAME non si vuole limitare solo a questa tipologia (linguistica e merceologica) di film bensì aprirsi alle forme più diverse, meno canoniche e più originali dell’animazione, per scoprire i sempre nuovi orizzonti del cinema sperimentale. 

Giovanni, per concludere ti chiedo un accenno sul rapporto tra la tua formazione universitaria in ambito filosofico e il cinema sperimentale.

G. Sabattini: Fra l’altro di formazione bergsoniana, ed è nota la diffidenza di Bergson nei confronti del dispositivo. Ma, forse, a ben vedere la filosofia di Bergson combatte una battaglia solitaria contro il cinema che è anche la “buona battaglia” del cinema di ricerca: non rassegnarsi alla drammaturgia, alla messa in scena, al set, in una parola alla finzione. Colpisce che Bergson, decenni prima, di Metafore della visione di Brakhage usi, quasi, gli stessi giri concettuali del regista di The Act of Seeing with One’s Own Eyes per descrivere i rapporti fra sguardo e visione. Il prato per l’educato uomo adulto, di mezza età, infelicemente sposato e con figli, è tutto di un unico colore verde; per suo figlio, piccolo, infante – letteralmente infans, incapace di parlare – il verde del prato è un’esperienza percettiva, un’esplosione di sensazioni e un arcobaleno di colori. Non è più il verde, al singolare, ma una fluorescenza di verdi, al plurale. Lo sguardo “grammaticale” del padre contro la visione sine omni regula della visione del piccolo. Un cinema non più ma finalmente vero per Brakhage, al di là di ogni mistificazione semiotica. Lo stesso per la metafisica in Bergson. 

Che goduria farsi rovesciare, come sulle giostre che ci deliziavano da bambini, da immagini che solleticano i sensi e l’intelletto; farci scardinare le certezze da un cinema ibrido, espanso, non definito e definibile, ma al contrario imprevedibile, imprendibile e sfuggente come solo il cinema di ricerca sa essere. 

Riassunto della terza edizione, marzo 2023.

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I giovani sono entità incomprese. Non capite, complesse, labirintiche. Sono alieni provenienti da un universo altro, che piombati sulla Terra, si guardano intorno spaesati. Sono curiosi, eppure spaventati. Hanno voglia di vivere. Ma hanno paura.