JANE CAMPION, LEZIONI DI PIANO: PER UNA FENOMENOLOGIA DELLA MUSICA E DEL SUONO

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«La voce che sentite non è la mia voce. È la voce del mio pensiero»: i colori e le forme del mondo sono oscurate dalle dita di Ada, creatura muta – per scelta – ma non silenziosa. La sua voce è quella che nasce dalle sue stesse dita che, nella sequenza di apertura, scandiscono una soglia tra sé stessa e il mondo: è la voce del suo pianoforte che, attraverso la combinazione di suoni, le permette di dischiudersi senza proferire parola. La partitura di Michael Nyman, in questo senso, funge sin dall’esordio come macchina rivelatrice dell’interiorità di Ada: ecco che il primo pezzo suonato dalla protagonista, prima della partenza per la Nuova Zelanda, è intitolato Big My Secret.

La musica e il suono sono elementi fondamentali in Lezioni di Piano, così importanti da sovvertire la comune idea di colonna sonora come apparato accessorio: sono da considerarsi, altresì, personaggi della pellicola al pari degli interpreti in carne e ossa. Suono e musica trovano la loro incarnazione nella struttura concreta del pianoforte, che nonostante sia il veicolo dell’interiorità di Ada, è anche un attrattore di attenzione collettiva. La muta protagonista non suona mai in completa solitudine: nell’incipit, l’esecuzione di Big My Secret viene interrotta dai passi di una governante, giunta probabilmente per preparare Ada all’imminente partenza per la Nuova Zelanda; sulla spiaggia neozelandese, una violenta onda spezza la melodia di The Heart Asks Pleasure First appena accennata; il brano viene ripreso nella seconda scena sulla spiaggia, e viene inframezzato sia dalla richiesta di attenzioni da parte della figlia di Ada, sia dagli sguardi inquieti di George Baines, uomo inglese integratosi con la popolazione autoctona che permette a madre e figlia di ricongiungersi, per poco tempo, col pianoforte abbandonato sulla battigia.

In questo senso, pare lecito parlare non tanto di musica come esecuzione di una partitura, bensì di fenomenologia musicale (e sonora): essa è un’esperienza intersoggettiva che «non è da ricercarsi nella serie di suoni puntuali che si susseguono nel tempo, ma nella lora relazione» (Giulia Accornero, La fenomenologia musicale di Sergiu Celibidache, in Giulia Accornero, Ljuba Bergamelli, Edoardo Segato, Valentina Valente, Il suono vivo: storia, composizione, interpretazione, 2016). Lezioni di Piano assume dunque l’insegnamento del maestro romeno Celibidache, che nel suo testo cardine Über musikalische Phänomenologie (2001) asserisce: «l’essenza della musica deve essere cercata nella relazione suono-uomo, e nelle corrispondenze tra la struttura temporale del suono e la struttura del mondo degli affetti umani».

Nella pellicola di Jane Campion, la valenza del suono diegetico è comprensibile solo in virtù di un approccio fenomenologico allo stesso da parte dello spettatore, il quale si pone come terzo o quarto soggetto della comprensione: è terzo nella misura in cui il piano (primo soggetto) viene suonato da Ada (secondo soggetto), e il rapporto intersoggettivo fra i tre termini presuppone la comprensione dello stato interiore della pianista; è quarto durante le sessioni che coinvolgono il pianoforte, Ada e Baines, e la comprensione allora riguarda sia l’intimità della pianista che quella dell’uomo.

La relazione fra i due personaggi è mediata dalla musica diegetica: per ottenere nuovamente il suo strumento, Ada acconsente a suonare in presenza di Baines nella sua umile dimora di legno, nel cuore della foresta; l’uomo, innamorato della donna, stabilisce una relazione intersoggettiva tra l’oggetto del suo desiderio e la musica che scaturisce dalla pressione delle dita di Ada sui tasti in avorio. In questo senso, la scelta dei brani, da parte della protagonista, è assoggettata al suo processo di innamoramento verso Baines, pur ostacolato dal suo iniziale distacco. In una scena in particolare, Ada inizia a suonare The Mood That Passes Through You, un brano lento e malinconico, mentre Baines le sfiora la pelle nuda: improvvisamente Ada modifica l’esecuzione, e passando a un brano più energico, che irrigidisce il suo corpo, allontana Baines; in questo senso si comprende appieno quel valore intersoggettivo dato dall’esperienza musicale.

Se i principi della fenomenologia musicale sono incarnati nella relazione tra Baines e Ada, il senso della musica come relazione tra mondo interiore e suono non si abbarbica nelle relazioni coeve che si sviluppano nel piccolo villaggio di Alistair Stewart, l’uomo a cui è andata sposa Ada dopo la morte (misteriosa) del primo marito. La musica di Ada viene percepita come aliena: «lei è una strana creatura e la sua musica è strana: cambia a seconda dell’umore», asserisce zia Morag, la governante. Nemmeno Alistar riesce a stabilire una relazione intersoggettiva tra la moglie e la musica, e cerca altresì un approccio impetuoso e assolutamente carnale.

In seguito alla restituzione del pianoforte da parte di Baines – consapevole del fatto che il “contratto” fra i due non porterà Ada ad innamorarsi di lui – si evidenzia con rinnovato vigore l’approccio fenomenologico alla musica diegetica. Ada sceglie di ritornare alla capanna di Baines subito dopo aver abbozzato una delle melodie eseguite durante le sue lezioni di piano: ma quando comprende che la musica – intesa come esperienza musicale – non può esserci senza Baines, Ada si arresta e comprende; l’innamorato in quanto terzo termine della sua relazione con la musica è oramai visceralmente legato alla musica, sia dal punto di vista fenomenologico che materiale, poiché Ada ha inciso all’interno di un tasto una dichiarazione d’amore a Baines.

La relazione intersoggettiva tra l’esperienza musicale e i due amanti, allora, s’incarna nel pianoforte: su un altro tasto, Ada incide le parole Dear George, you have my heart, Ada McGrath; Alistar, scoperta la relazione clandestina proprio attraverso quel tasto, raggiunge Ada a casa e colpisce il piano con un colpo d’ascia, prima di accanirsi sulla moglie tagliandole un dito, per impedirle di suonare ancora. Pianoforte e pianista, rimasti entrambi senza una falange, restano muti, e la musica diegetica cede il passo alla colonna sonora extradiegetica.

Liberatasi dal rapporto deleterio con Alistar, che accetta l’amore tra Ada e Baines, la donna, in viaggio con la figlia e il suo amante, ha perduto la sua parola e, di conseguenza, lo strumento di interrelazione col mondo. Ada si getta nell’oceano insieme all’altro-sé, il pianoforte, eppure sceglie la vita: riaffiorata in superficie, la donna abbandona “la sua voce” sul fondale, e decide di vivere. Con una protesi metallica, esegue l’ultimo brano, – dal carattere tutt’altro che impetuoso, come il dirompente The Heart Asks Pleasure First – diventa un’insegnante di pianoforte e si esercita a parlare.

Il suono, snaturato dalla sua concezione come vibrazione della coscienza umana, cessa di esistere nelle profondità oceaniche: sopra il pianoforte, fluttua un’altra Ada, una figura indefinita che, privata del suono, ha perso la propria ragion d’essere nell’assenza di suono. Nei primi versi della poesia Silence di Thomas Hood, pronunciati da Ada, si racchiude tutto il dramma della perdita del suono: “There is a silence where hath been no sound / There is a silence where no sound may be / In the cold grave – under the deep deep sea” (“C’è un silenzio dove non c’è mai stato suono /C’è un silenzio dove suono non può esserci / Nella fredda tomba, nel profondo profondo mare”).

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