MEMORIA BREVE VOLUME QUATTORDICI: ROB SAVAGE

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Nelle sale c’è il Boogeyman di Rob Savage. Ma chi è Rob Savage?
Qualora si cominciasse a parlare dell’horror post Covid, bisognerà pur fare riferimento a Rob Savage che ha realizzato due horror “during the Covid”.

Il primo, Host – Chiamata mortale (si trova sul canale Midnight Factory), risale al 2020 ed è stato girato utilizzando Zoom. Host, come del resto Dashcam, non inventa nulla di nuovo dal punto di vista dello spunto (una seduta spiritica che finisce male), ma è la peculiarità del mezzo a farne un’opera a suo modo “fondativa”. In entrambi Savage ha l’intuizione, dettata dalla proverbiale necessità di cui virtù, di mettere insieme POV e Screencast Movie. Tuttavia, rispetto al pur riuscito Unfriended: Dark Web, con cui ha più di un punto in comune, Host trascende la vicenda demoniaca per parlarci della paura della solitudine e del contagio (Jemma irrompe nella casa di Hailey, gli altri hanno fatto una brutta fine, un demone mette in serio pericolo anche la loro vita, ma le due si danno il gomito e non si abbracciano come avverrebbe in un horror pre 2020) nonché di come di fronte all’orrore siamo diventati tutti semplici spettatori passivi (la sola Jemma prende l’iniziativa di entrare nell’inquadratura di un’altra persona). Savage utilizza le specifiche del mezzo in modo, oseremmo dire, classico: fuori campo e profondità di campo sono gli elementi linguistici con cui comunica il disagio e l’inquietudine.

Dashcam, per il quale interviene anche la Blumhouse, fa un ulteriore passo verso la ridefinizione dell’horror. Anche qui il POV stile Blair Witch Project o Rec (due film esteticamente citatissimi: dall’inseguimento nel bosco all’iconografia dei “malati”) si allea con lo Screencast Movie (la protagonista è costantemente in diretta in rete). Mentre Blair Witch Project, però, fingeva che dei personaggi inventati fossero reali (la base di un’operazione virale di cui il film fu solo l’appendice conclusiva), Dashcam prende un personaggio reale (la cantautrice Annie Hardy, fondatrice del gruppo Giant Drag), una vera operazione video da lei creata (Band Car in cui la Hardy improvvisa brani musicali alla guida di un auto) e imbastisce un’opera di finzione che, come tutto oggi, difficilmente si distingue dalla realtà quale essa è ormai per noi ovvero non quella che viviamo, ma quella che vediamo su uno schermo col corredo di faccine, commenti e indicatore di segnale. Infatti, Dashcam rappresenta l’orrore nel quale viviamo anche perché, mentre Cloverfield nel 2007 pareva implausibile in quanto un personaggio completamente idiota diventava una specie di reporter di guerra non mollando la telecamera neanche se attaccato dagli alieni, ora questa cosa è possibile e la vediamo di continuo nei reel. Si continua a registrare qualsiasi cosa accada.

Entrambi i film, poi, non fanno che confermare l’assunto che Brian De Palma in Redacted aveva già dimostrato: il proliferare degli occhi meccanici non aiuta a vedere meglio. Anzi.

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