ACCORDI, DISACCORDI DI WOODY ALLEN: QUELLA NOTA STONATA CHE TROVA, NELLA CONFUSIONE, IL PERFETTO EQUILIBRIO

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Accordi e Disaccordi: alcuni film hanno la musica già nel titolo, come in questo caso. La parola accordi ci trasmette sicuramente l’immagine di uno strumento musicale, i suoi leggiadri virtuosismi o le sue note delicate. Disaccordi, invece, evoca qualcosa di scortese, un’incomprensione che genera una divergenza. Ci troviamo davanti ad un titolo che sembra rappresentare la tastiera di un pianoforte: una costante armonia di tasti bianchi e neri (nello specifico note naturali e bemolli/diesis), dove anche una nota sbagliata può generare una composizione perfetta.

Il film di Woody Allen Accordi e Disaccordi (Sweet and Lowdown) del 1999 si presenta come un finto documentario dove viene raccontata la storia del chitarrista jazz Emmett Ray (interpretato da Sean Penn). Il musicista raggiunge l’apice del successo negli anni 30 ma è destinato ad essere sempre il secondo chitarrista più bravo del mondo. Prima di lui, infatti, c’è il francese Django Reinhardt (realmente esistito) e questo continuo confronto logora persistentemente il protagonista che alterna donne ed alcool con la stessa facilità con cui fa scivolare le sue dita sulla tastiera della chitarra. Ma c’è un aspetto che manca a Ray e che invece Reinhardt possiede: la capacità di esprimere i propri sentimenti attraverso l’arte, ovvero la volontà di dare voce e corpo a delusioni e frustrazioni che albergano nel proprio animo, esorcizzandole grazie alla musica.

Ray quindi è un “disaccordo”, è quella nota stonata che non riesce a trovare la sua giusta accordatura: un personaggio che sembra quasi rispondere al terzo principio della termodinamica – l’entropia – che descrive la tendenza dei corpi a cercare l’equilibrio, tendendo al disordine. Un uomo «patetico, iperbolico, volgare e nel complesso molto sgradevole» – come viene descritto dallo stesso Allen nel film, dove interpreta uno degli intervistati -, che suona alla perfezione incantando ogni persona che si ferma ad ascoltarlo, ma non riesce ad esprimere musicalmente le sue emozioni. Ray sostiene che l’amore rovina la carriera ed è per questo che proprio quando capisce che si sta affezionando alla timida lavandaia Hattie, decide di lasciarla e scappare. Conosce così Blanche Williams, interpretata da Uma Thurmann, e, impulsivamente, decide di sposarla.

Apriamo anche una parentesi su un’altra protagonista del film, ovvero la musica. Sono le composizioni dello stesso Reindhart e del famoso jazzista Eddie Lang ad accompagnare lo spettatore nei 95 minuti di visione: le melodie sono state riarrangiate e dirette dal musicista Dick Hyman ed eseguite nelle parti per chitarra solista da Howard Alden. Composizioni piacevoli e briose che trasmettono l’idea di unione e condivisione, che consentono allo spettatore una perfetta immedesimazione nell’atmosfera degli anni 30. Un genere musicale non nuovo nella filmografia di Allen, complice il suo passato da musicista di clarinetto all’interno di una jazz band.

«Wear your heart on your sleeve» direbbero gli inglesi, in piena libertà e senza alcun tipo di autocensura: quando si mette il cuore nelle cose, si sente.