Uno dei due viandanti che Maren e Lee incrociano durante il loro viaggio e coi quali si fermano a bere una birra (e dai quali scappano) è David Gordon Green (l’altro è Michael Stuhlbarg), il regista di Joe, Snow Angels e degli ultimi tre Halloween. Il personaggio interpretato da Green non è un cannibale come gli altri tre, non lo è per nascita, ma vuole esserlo. Il regista Green è uno che ha cominciato come emulo e protetto di Malick e ora si è dato all’horror (sta girando L’esorcista). Bones and All è un po’ Malick e un po’ horror, come un Badlands riscritto da Stephen King. Guadagnino, stavolta, un po’ si nasconde, lascia che la storia segua delle coordinate convenzionali, ma, paradossalmente, è forse questa la sua forza.
Bones and All non fa gridare al capolavoro (almeno non tanti, tra cui il sottoscritto), però è un’opera meno algida e più sentita di altre dello stesso Guadagnino, finanche del celebrato Chiamami col tuo nome. Perché qui l’amore non è una questione onomastica, ma di assimilazione fisica. Ed è quello che lo avvicina al sacro, in quanto non si tratta di Issei Sagawa, ma di eucarestia: offrire il corpo in sacrificio più che mangiarlo.