TORINO FILM FESTIVAL 2022 | “RODÉO”: ESSERE FAMELICI – E ARDENTI – FINO A PERDERE CONTRO SE STESSI 

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L’opera prima di Lola Quiveron, presentata nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2022 e vincitrice del Premio Speciale della Giuria alla 40esima edizione del Torino Film Festival, ha un inizio concitato e frenetico. Julia – la protagonista della storia – chiede (per l’ennesima (?) volta) al fratello di farla dormire a casa nonostante sia stata cacciata, e di aiutarla con la sua “professione”. In realtà, un lavoro lo avrebbe, o almeno un posto dove dovrebbe recarsi, ma è mossa unicamente dalla sua ossessione viscerale per le moto, grazie alla quale ha brevettato una tecnica per procurarsele. Non le interessano soldi, ma solo ottenere i mezzi per poter fare quello che vuole; per mettere in atto la sua abilità, però, ha bisogno di una “voce maschile” che finga interesse per acquistare una moto messa in vendita da privati. Una volta arrivata sul posto, poi, con la (semplice, o quantomeno non elaborata) scusa di fare un giro di prova – e lasciando la sua borsa come “cauzione”, mostrando, in questo caso, più ingegno – sfreccia via. Dopo uno dei suoi furti finisce in una gara clandestina di moto e assiste alla morte di un uomo; si unisce – invitandosi autonomamente – ad un’organizzazione più che a un gruppo che usa un garage come copertura per gestire i compiti assegnati da Domino (questo è il nome con cui lo chiamano i sottoposti) che, dal carcere, dà istruzioni su come pianificare rapine e fa in modo che sua moglie non scappi con suo figlio. Quando scopre il modus operandi di Julia vuole includerla nella sua gang, fino a quando, poi, sarà lei stessa a proporre un colpo più grande e complesso. 

Gli altri del gruppo (i suoi “colleghi”, anche se non accettano favorevolmente la sua presenza, sia perché donna sia per il suo fare da strafottente) la chiamano “Sconosciuta”; di Julia, infatti, non conosciamo l’età, né la sua famiglia – a parte quando si intravede il fratello che, nonostante i suoi modi di fare, prova a “starle vicino” – né il suo percorso di vita. Il punto è che non le interessa raccontare di sé e condividersi con gli altri, è focalizzata solo sull’ottenere quello di cui ha bisogno, sfruttando chi incontra nella sua corsa, più che nel suo cammino. Solo in moto Julia sorride, distende il viso e abbandona, per un momento, il suo linguaggio irriverente e il suo atteggiamento sfrontato. I suoi sentimenti, però, iniziano ad intravedersi quando si relaziona alla moglie di Domino e a suo figlio; comincia a mostrarsi – sempre a suo modo – affettuosa e attenta, e arriva a proporre loro di smetterla di subire quel controllo e fuggire insieme. Un piano più pericoloso rispetto a quello messo a punto per rubare moto, che – per motivi differenti – la pone di fronte ai suoi limiti. Julia sottovaluta pericoli e rischi, agendo con insolenza; si mostra saccente, arrogante, famelica tanto da ignorare chiunque si pone come ostacolo nel suo percorso pieno di acrobazie. Il suo modo di vivere la sua passione non ammette regole, ma il contesto in cui si trova, invece, le prevede. Nel suo atteggiamento sprezzante, però, si riesce ad intravedere un impulso, una connessione (forse si tratta di vicinanza ad una persona riconosciuta come “simile” o probabilmente quello che la muove è un sentimento diverso, di altra natura) di altruismo; per una volta è lei ad aiutare qualcuno e a non chiedere nulla in cambio, è lei a preoccuparsi e a trovare un escamotage per evitare che si continui a subire la pressione di un uomo che, oltretutto, agisce a distanza delegando, mai in prima persona. 

Lola Quiveron mostra anche un intento di indagare il rapporto tra una donna e un gruppo di uomini da cui viene ostacolata, derisa e poi temuta. Julia rappresenta una presenza “pericolosa”, perché è imprevedibile, sfacciata, indomabile; proprio per questo, va placata, “spenta”. La sua ribellione non regge il colpo, complice (forse) anche la sua incapacità di ammettere che non tutto può essere gestito e raggirato con i “suoi” metodi, ma ci sono anche degli imprevisti, delle reazioni inaspettate da parte di quegli “altri” che per Julia non contano, ma di cui si serve per arrivare dove vuole e nel minor tempo possibile. La sua libertà non può, però, essere cancellata dal nulla, nonostante quello a cui va incontro. È questo, infatti, “quello che resta” di una personalità così complessa e “ruvida”: il suo bisogno di emanciparsi, di “sfidare” gli uomini in cui si imbatte, di imporre i suoi codici, di seguire i suoi istinti. Non conta solo la strada, la velocità, il senso di onnipotenza. Ci sarebbe da soffermarsi, forse, sul risvolto negativo delle passioni vissute in modo così viscerale – al limite della patologia – e di quello che comporta “dimenticare” la propria casa, le proprie origini, la propria famiglia. 

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