FITZCARRALDO, DI WERNER HERZOG: ELOGIO DELLA FOLLIA

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“Se io abbandonassi questo progetto sarei un uomo senza sogni, e non voglio vivere in quel modo. Vivo o muoio con questo progetto”, ha detto Herzog. 

Un regista che non accetta compromessi, un tipo di cinema lontano da ogni possibile classificazione e che addirittura distorce ogni comune attribuzione di significato: Herzog spinge gli spettatori a prendere sul serio i propri sogni e a trovare il coraggio di fare quello che veramente desiderano, anche rischiando di fallire. Non solo le sue opere sono dotate di una straordinaria potenza visiva, ma esprimono un’idea di “verità” molto più profonda di quella della realtà quotidiana. Herzog insinua il dubbio che porta lo spettatore a pensare che il senso dell’esistenza possa essere più complesso e profondo di quello che ci è stato insegnato, imposto o suggerito di credere. “Che cos’è per lei la paura” – è stato chiesto al regista simbolo del nuovo cinema tedesco – “Non lo so. Non esiste nel mio vocabolario”. Ostinazione, coraggio e soprattutto libertà mentale: ogni essere umano avrebbe bisogno di compiere un’impresa incredibile – e un po’ folle – anche accettando i rischi che può comportare.

Herzog non ha mai nascosto che “Fitzcarraldo” fosse la rappresentazione di se stesso – il suo film manifesto – tanto che ha trasformato il sogno del protagonista nel proprio sogno e ha aggiunto che, se Kinski non avesse accettato la parte, avrebbe interpretato lui stesso quel ruolo, piuttosto che rinunciare al film. Testardaggine o follia?

Siamo in Amazzonia, a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento. Brian Sweene Fitzgerald (Klaus Kinski), detto “Fitzcarraldo” dai nativi del luogo non riescono a pronunciare il suo cognome, è un bizzarro personaggio che ha un grande sogno: costruire il più grande teatro d’opera del mondo e farlo inaugurare addirittura da Enrico Caruso, che ha avuto modo di ascoltare, una volta, a Manaus. Per realizzare la sua impresa, dovrà prima di tutto stringere rapporti con gli Indios della zona. Terrorizzato dalla possibilità che possano ucciderlo per difendere la propria terra, asseconderà una loro antica credenza: li indurrà a crederlo una divinità pronta a condurli verso un mondo privo di sofferenza. Per portare a termine la sua impresa titanica, guida una spedizione a bordo di un battello; nessuno dei membri del suo equipaggio, però, è al corrente della folle idea su cui si basa il suo piano: far passare il battello sopra una montagna. Il suo sogno si realizzerà solo in parte, grazie al suo temperamento ostinato e a un risvolto inatteso. “Dovete avere il Caos in voi per partorire una stella danzante”, ha scritto Nietzsche. Herzog è capace di compiere azioni inaudite in nome della sua concezione assoluta del cinema: “Fitzcarraldo” è un’opera capace di allargare i confini della realtà e del cinema stesso. Non è tanto la riuscita del piano in sé l’importante, quanto piuttosto l’idea che si possa persino far passare una nave per una montagna pur di raggiungere i propri obiettivi. Herzog si presenta come un moderno Sisifo (personaggio della mitologia greca costretto a trascinare una grossa pietra solo per lasciarsela sfuggire e ricominciare tutto da capo), un grande sognatore che sfrutta i mezzi a sua disposizione per realizzare i propri desideri. Nonostante non abbia grandi sostenitori, Fitzcarraldo continua a credere nella sua idea e a portare avanti il suo sogno – e quello di Herzog – dimostrando come il cinema possa riuscire in qualsiasi impresa. 

“Fitzcarraldo” ha rigore sia nel metodo che nella logica, nonostante tutte le sue assurdità. “Chi sogna può muovere le montagne”: non si tratta di suggerire un’idea semplicistica e infantile, perché non è credibile che ogni cosa possa realizzarsi, ma è credibile pensare di impiegare ogni energia per provarci ugualmente. A chi chiedeva ad Herzog perché non mollasse tutto, rispondeva semplicemente che non voleva vivere senza sogni, e il film era il suo grande sogno. Un’opera impegnativa e grandiosa a iniziare dalle riprese, per proseguire con i problemi nel trainare la nave sul set e finire con gli incidenti alle comparse: un vero e proprio manicomio. “Fitzcarraldo” è un film “maledetto” che rappresenta al meglio l’idea che ha Herzog del cinema: verità, ossessione, una giusta dose di follia, sconsideratezza e allucinazione. 

“Fitzcarraldo” è la metafora dell’impossibile e del surreale, un film entrato prepotentemente negli annali del cinema sia per le imprese affrontate durante la realizzazione che per il risultato finale. È l’espressione di Herzog. Il cineasta de “L’enigma di Kaspar Hauser” è capace di spostare anche le montagne, a dispetto di tutti i pragmatici del mondo. Le sequenze visionarie di “Fitzcarraldo” dimostrano come sia importante credere persino in un progetto delirante. Ne vale sempre la pena. 

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