7°GIORNO | 21ESIMA EDIZIONE CONCORTO FILM FESTIVAL: OTTO GIORNI DI CINEMA BREVE CHE RECUPERA RICORDI, CONDUCE SU ALTRI MONDI E FA “VOLARE”

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Settima (e penultima serata) del Festival e ultimi tre film in concorso. Dopo le tre proiezioni un’inedita sonorizzazione del musicista Tommaso Pandolfi (“Furtherset”) del film “Il nostro secolo”, di Artavazd Pelešjan: un incontro tra il cinema del regista armeno e la musica elettronica. Analizziamo i corti e soffermiamoci a riflettere sul bilancio di questa edizione con un’intervista al Direttore Artistico del “Concorto Film Festival”, Simone Bardoni. 

1: “CHORDS”, DI ESTIBALIZ URRESOLA: SPEZZARE O ACCETTARE IL COMPROMESSO TENENDO UNITE LE “CORDE”? 

(Spagna, 30’)

Il coro femminile di cui fa parte Rita ha perso il sussidio comunale di cui godeva, e lei è costretta a scegliere – insieme agli altri membri del gruppo – se accettare o meno la sponsorizzazione di una delle aziende che inquinano maggiormente la valle. Il tema centrale del corto è il concetto di “compromesso”: è più importante cantare e dedicarsi a quello che fa stare bene, a quello che aiuta a “respirare”, o rifiutarsi e porre al primo posto la salute? Rita ha le idee chiare; nonostante l’importanza che riveste per lei il canto, la priorità è pensare alle cinque donne del coro morte di cancro e a suo figlio che ha una malattia terminale. Si espone, allora, votando “no”; non perché ritiene che il suo voto possa modificare la situazione è portare a dei “miracoli”, ma perché opporsi equivale a mettere in atto una “piccola rivoluzione”. “È importante ricordare” e “dobbiamo avere speranza”, si ripetono Rita e le sue compagne di coro. Nei primi minuti del corto, si vive l’attesa. Quella che vive il figlio di Rita, che combatte per essere aiutato ad affrontare la sua malattia; quella che precede il momento della scelta di adeguarsi al compromesso o “spezzare” quella “corda”. “Il suono è nostro perché lo produciamo”, dice l’insegnante di canto. Per Rita cantare significa “appropriarsi” dei suoni e “sentire il proprio respiro”. Tutto questo non prevale, però, sull’importanza non solo della salute, ma sul tentare di bloccare il meccanismo che prevede l’accettazione di compromessi. 

2: “THE HEADHUNTER’S DAUGHTER”, DI DON JOSEPHUS RAPHAEL EBLAHAN: L’APPROCCIO “AUDIOVISIVO” E AUTOBIOGRAFICO 

(Filippine, 15’)

Presentato al Sundance Film Festival, “The Headhunter’s daughter” racconta la storia di Lynn, un’aspirante cantante country che si reca in città per fare un’audizione per un concorso di canto televisivo. Nel corto c’è una collaborazione costante tra il paesaggio, i ricordi, la natura e la musica. L’“approccio audiovisivo” del regista si presta a raccontare la “vita interiore” dei personaggi: Lynn vuole partecipare alla competizione non per soldi, ma perché suo padre potrebbe vederla in televisione. Più che sull’importanza di inseguire un sogno, il corto ruota intorno al valore della Casa e della famiglia. Si avverte la partecipazione – e l’immedesimazione – costante del regista nel personaggio di Lynn, come se ci fosse una componente autobiografica. C’è un forte riferimento alle “radici”, che Don Eblahan esprime attraverso il personaggio principale: l’attaccamento alla terra, la cultura filippina, i concetti di colonizzazione e sottomissione. 

3: “HELTZEAR”, DI MIKEL GURREA: QUANDO SI ARRIVA IN CIMA È TUTTO COME CI SI ASPETTAVA? 

(Spagna, 18’) 

Sara ha quindici anni e si sta preparando per la scalata più importante di tutta la sua vita. Mentre si allena, racconta al fratello assente ogni fase della sua preparazione, anche se sa che non riceverà risposta. Il conflitto basco è in atto, ma Sara prova a concentrarsi sulla sua prova; si impegna a controllare i movimenti, si concentra, visualizza la meta, respira, recupera. Quella cima rappresenta una sorta di “sfida”: “Se riesco a raggiungerla penserò a te”, scrive nella sua lettera. Una volta in cui arriva, però, si guarda intorno ed è come se le cose avessero un’altra forma rispetto a quella che lei credeva. Il regista ha realizzato il corto concentrando tre aspetti della sua vita: la sua adolescenza, l’arrampicata e il conflitto basco. Il fatto di girare in pellicola, poi, concorre a creare un’idea di “fisicità”; la videocamera segue i movimenti di Sara e si adegua, diventando instabile quando lei perde l’equilibrio e ferma quando è più sicura. Che cosa si prova ad arrivare dove si voleva arrivare senza poterlo condividere? Che cosa si prova a condurre uno sforzo pensando di essere, poi, “ripagati”, quando si è già consapevoli che non si otterrà mai una “risposta”?

– Intervista a Simone Bardoni, Direttore Artistico di “Concorto Film Festival” 

Facciamo un bilancio di quest’anno: cosa pensi di questa edizione? 

“Siamo soddisfatti di aver aumentato il numero di film in prima italiana e della risposta del pubblico, nonostante la nostra programmazione – con tematiche molto “forti” – non vada verso quello “mainstream”. C’è stata ampia partecipazione in tutte le location del Festival, anche per quanto riguarda i focus fuori concorso previsti in seconda serata: questo è un segno di grande cinefilia”

Quali sono gli obiettivi che si propone “Concorto”? 

“Per noi è essenziale mantenere una linea qualitativa in termini di contenuti, e una coerenza rispetto alla nostra identità. In tutti questi anni la nostra missione è stata promuovere il cinema breve, indipendente e sperimentale. Non rincorriamo la “celebrazione” delle mode e dello spettacolo. Il nostro interesse è il cinema e vogliamo che resti così”

Come avviene la scelta dei corti? 

“Le iscrizioni si aprono a gennaio, chiudono a maggio e sono circa duemila. La selezione va avanti fino alla fine di luglio; abbiamo un team di circa dieci persone (tra cui i programmatori dei focus) che vedono tutti i film e fanno, poi, una scrematura. La direzione artistica guarda tutti i film selezionati dai programmatori e sceglie i finalisti. A questi si aggiungono, attraverso un lavoro di scouting, i film che arrivano dai Festival di Cannes, Locarno e Sundance. Per i focus fuori concorso, invece, c’è una ricerca tematica: si cercano i film intorno al tema scelto” 

Che cosa significa organizzare un festival, di quanto tempo ha bisogno?

“Il lavoro di “Concorto” inizia un anno prima. Programmiamo i contenuti intorno ad ottobre/novembre e facciamo anche un lavoro di team building per qualche giorno, dove decidiamo tutto quello che farà parte della prossima edizione. Il lavoro di selezione inizia, invece, con l’apertura delle iscrizioni. Oltre alla gestione comunicativa, c’è anche la scelta riguardante la distribuzione dei contenuti; stabiliamo, poi, la giuria, gli ospiti, gli eventi”

Che valore pensi che abbia il cortometraggio oggi? Perché è stata scelta proprio questa forma cinematografica?

“Vorremmo diventare un punto di riferimento del cinema breve in Italia, come lo sono altri Festival per l’Europa. Ad esempio in Germania ci sono almeno quattro Festival che attirano migliaia di persone: in Italia è una realtà quasi inesistente. Questo perché non è sviluppata, probabilmente, una cultura del corto; non si conosce la sua forma e il lavoro che c’è alle spalle. Spesso si associa il corto ad una visione quasi amatoriale. A noi piace dare spazio a tutto, anche e soprattutto all’animazione che nel cinema breve – dati i costi più contenuti rispetto al lungometraggio – è molto più presente. Il plus di “Concorto”, poi, è l’alta presenza delle donne: tra i titoli che ci arrivano sono più della maggioranza, quasi l’80%”

Anche se ovviamente una programmazione non si costruisce in base ad un filo conduttore, avete notato a posteriori la presenza di tendenze o di tematiche particolari?

“Abbiamo assistito a tendenze di trame. Negli ultimi anni, ad esempio, le sceneggiature dei cortometraggi hanno ruotato intorno a questioni di genere o familiari. In linea generale, c’è sempre la ricerca di un’identità, o un “conflitto da risolvere”. È molto più complesso trovare dei corti che riescano a far ridere. Non ci poniamo, però degli obiettivi prima della selezione”

Qualche anticipazione in esclusiva sulla prossima edizione? 

“Per l’anno prossimo ci aspettiamo che la cultura legata al cinema breve possa essere sempre più sviluppata e che il pubblico continui a seguirci con un coinvolgimento sempre maggiore”

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