DRAMMA DELLA GELOSIA (TUTTI I PARTICOLARI IN CRONACA), DI ETTORE SCOLA: UN “JULES E JIM” ALLA ROMANA

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Ricostruzione di un delitto, quello commesso ai danni di Adelaide nel corso di una furente lite tra due uomini. Tutto ha inizio con un incontro, al termine di una Festa dell’Unità. Oreste, muratore quarantacinquenne, sposato con una donna molto più anziana di lui, fa la conoscenza di Adelaide, avvenente fioraia. Amore a prima vista, ma non senza problemi: la moglie di Oreste riesce a mettere le mani su Adelaide, mandandola all’ospedale. La vicenda si complica ulteriormente alla comparsa di Nello, un pizzaiolo fiorentino conosciuto da Oreste a una manifestazione del PCI. Adelaide si innamora di lui e non sa più chi scegliere, illudendosi di poter vivere con entrambi. Mentre viene tentata da un matrimonio di convenienza con un terzo uomo – il rozzo ma ricco Amleto – Oreste perde il posto e Nello tenta il suicidio. Al capezzale di quest’ultimo, Adelaide in lacrime promette amore eterno. Sempre più depresso, Oreste immagina di risolvere con il malocchio tutti i suoi problemi. Ma è solo un sogno: Adelaide e Nello si stanno avviando all’altare quando, da una panchina dei mercati generali, Oreste riapre gli occhi e li scorge. Comprendendo in un momento di lucidità che stanno per sposarsi, li aggredisce. Scoppia un’indescrivibile lite, nel corso della quale Adelaide viene involontariamente colpita a morte da Oreste con un paio di forbici. Riconosciuto seminfermo di mente, il tribunale condanna Oreste a pochi anni di carcere. Tornato in libertà, vaga con la mente, convinto ormai di vivere accanto ad Adelaide. 

Ettore Scola riprende il genere sperimentato già precedentemente con “Divorzio all’italiana” (1961) di Pietro Germi e ancora con “Straziami, ma di baci saziami” (1968) di Dino Risi: quello della commedia all’italiana sentimentale e “triangolare”, con tinte melodrammatiche. In “Dramma della gelosia”, Scola affronta l’universo proletario di tre personaggi, con l’intento di sottolineare il carattere subculturale. Chi ha detto che i poveri sono felici deve essere stato ricco di famiglia. Scola non ci crede: la felicità è anche benessere, e il benessere, ai “poveri”, non glielo regala nessuno. Se lo devono conquistare.

In questo primo film di Scola sui proletari, sui cosiddetti “poveri” (a cui seguiranno “Permette? Rocco Papaleo” del 1971,  con Marcello Mastroianni e “Brutti, sporchi e cattivi” del 1976, con Nino Manfredi), taglia corto con la politica: il fatto che Oreste militi nel PCI, che incontri Adelaide alla Festa dell’Unità e Nello durante una carica della polizia, non lo rende immune ai sentimenti, alle palpitazioni d’amore e poi agli effetti rovinosi della gelosia. “Nel mio cinema c’è un’attenzione alla realtà, un interesse per gli altri, per le trasformazioni collettive e i loro riflessi sugli individui. E la gente che va al cinema vuole riconoscersi nelle storie e nei personaggi che vengono proposti, anche se magari messi in caricatura”, ha detto Scola. E infatti “Dramma della gelosia” è un’opera che parla alla collettività (oltre ad essere proprio un’opera “parlata”, perché gli attori si rivolgono allo spettatore cercando il coinvolgimento e la complicità del pubblico), nonostante le performance – volutamente caricaturali – dei protagonisti. C’è tutto: ironia, follia, passione, verità. “Dramma della gelosia” è la rappresentazione di una cultura popolare succube di modi di vivere assorbiti dai mass media (televisione, fotoromanzi, giornali); è un’opera che si misura con i sentimenti e prova ad attribuire loro un senso. Riso e pianto, lucidità e pazzia, tenerezza e ruvidità sono chiamati a mescolarsi continuamente, disegnando una varietà di stati d’animo che l’ispido Marcello Mastroianni, la sognante Monica Vitti e l’ansioso Giancarlo Giannini assecondano con azzeccata simpatia. È forte il tema dell’emarginazione, racchiuso nel triangolo Oreste-Adelaide-Nello, e che verrà sviluppato ancora meglio in “Permettete? Rocco Papaleo”, girato negli Stati Uniti nel 1971 e incentrato sulla figura di un “italo-disgraziato” (ancora Mastroianni) che l’America non l’ha trovata e probabilmente non la troverà mai. 

Un cinema “dubitativo”, quello di Ettore Scola, non affermativo; che vuole porre interrogativi e non dare soluzioni. “Dramma della gelosia” è perfettamente coerente con il “problema” che riguarda l’intera filmografia di Scola: dove collocare il suo cinema? Tra i grandi della commedia all’italiana? Tra gli autori indiscussi? Una cosa è certa: il dramma diviene il punto di arrivo. Ovvero il tentativo, dopo aver svelato l’insignificanza di tante cose, di recuperarne altre, ritenute per tanto (troppo) tempo di secondaria o addirittura infima importanza: il vissuto, la quotidianità, l’enorme complessità del particolare e dell’elemento cronachistico.

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