LA COMMARE SECCA, DI BERNARDO BERTOLUCCI: LA NASCITA DI UN’IDEA DI CINEMA

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“Non sono segreti i rapporti di grandissima amicizia tra me e Pier Paolo Pasolini. Debuttai come aiuto regia al suo fianco, in “Accattone”, e il mio primo film, “La commare secca”, nasce da una sua idea. Anche le poesie che scrivevo un tempo gli devono molto. Ricordo ancora che, in un misto di trepidazione e di curiosità, le facevo leggere prima a lui che a mio padre”, ha raccontato Bernardo Bertolucci in un’intervista. Una delle più grandi critiche mosse nei confronti del suo esordio alla regia – proprio con “La commare secca” nel 1962 – è la mancanza di un’identità e la presenza troppo invadente del modello di riferimento pasoliniano. “Lo sapevo già prima di cominciare a girarlo che sarebbe stato giudicato un film pasoliniano. Eppure io credo che la tensione che tiene unito il film è lo sforzo stilistico di differenziazione da Pasolini. In questo è pasoliniano: in quanto proprio il suo contrario”, così ha spiegato l’allora ventunenne regista debuttante. Quanto condiziona l’analisi di un film il fatto che si noti in modo così evidente chi l’ha ispirato? Probabilmente ne “La commare secca” Bertolucci si è sforzato troppo per “tirare dalla sua parte” il soggetto, per riuscire a fare diventare suoi i visi, i paesaggi e un dialetto che in partenza non lo erano, ma senza questa pre – riflessione sul cinema (che già in “Prima della rivoluzione” sembra essere una riflessione più consapevole), non sarebbero state gettate le basi sul suo cinema futuro.

“La commare secca”, scritto da Pier Paolo Pasolini e Sergio Citti, segna l’ingresso di Bernando Bertolucci nel mondo del cinema. Siamo al livello zero rispetto a quello che sarà il suo cinema futuro, siamo ancora lontani da tutto quello che lo caratterizzerà negli anni a venire: un cinema rivoluzionario, enigmatico, misterioso, provocatore. Soprattutto grazie al famigerato “Ultimo tango a Parigi” – film “maledetto” per tutte le critiche, le conseguenze legali e le censure – Bertolucci si imporrà come il “maestro della trasgressione” capace di raccontare, sorvolando sul mero aspetto erotico, la drammaticità dell’esistenza. Seppure accennati, anche ne “La commare secca” si possono riscontrare degli aspetti che caratterizzeranno poi la sua cifra stilistica: Bertolucci riesce ad analizzare l’emotività, è capace di far avvertire il vuoto e l’oscurità, è enigmatico. La storia ha inizio con il ritrovamento di un cadavere di una prostituta presso un desolato viadotto della periferia di Roma. La polizia interroga prima Luciano Maialetti detto “il Canticchia”, che rievoca in un flashback gli avvenimenti del giorno prima tacendo le sue peripezie di ladro; poi Teodoro Cosentino, militare di leva, che racconta al maresciallo di essere andato al cinema nel primo pomeriggio e poi di essersi addormentato su una panchina. Poi vengono interrogati dei ragazzi che, presi dalla paura, sono scappati convinti di essere inseguiti per un furto. Il film è, dunque, composto da episodi scanditi dalle testimonianze, le indagini si svolgono attraverso dei flashback e nella ricostruzione dei fatti, si rivelano i caratteri dei testimoni. La narrazione riguarda non tanto il soggetto quanto la sua ornata cornice. La struttura del film è enigmatica – nonostante gli elementi base della storia ci vengano forniti con un rigore quasi documentario – e nelle intenzioni dell’autore è evidente la volontà di creare uno schema simile ad un labirinto. La vera figura dell’assassino prende luce lentamente.

Bertolucci si affianca al suo indiscusso mentore mescolando spunti originali ed omaggi. Certamente non è nuova la meditazione sulla gratuità del vivere e del morire, o l’uso del temporale che evoca la pioggia improvvisa che bagna i picari neorealisti di “Ladri di biciclette”, ma si contraddistingue attraverso la mancanza generale di pietas  – concetto essenziale per Pasolini – che sembra voler trovare una propria conclusione morale nel concetto “oggi a me, domani a te”. In un contesto fortemente caratterizzato, Bertolucci cerca di emergere anticipando i suoi intenti, non riuscendo però ancora ad imporre la sua autorialità. “La commare secca” segna un passaggio necessario per le fondamenta del suo cinema in cui si intrecceranno i temi della libertà di pensiero, le sfide alla morale corrente, le allusioni, la sua capacità di essere anticonvenzionale ed estremista. 

“Il cinema lo chiamerei semplicemente vita. Non credo di aver mai avuto una vita al di fuori del cinema”, Bernardo Bertolucci. 

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